Comunicato stampa sul ‘Business Park’ a Tor di Valle

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Il CdQ Torrino Decima aderisce al presente comunicato stampa congiunto del Comitato “Difendiamo Tor di Valle dal Cemento” e del Coordinamento Associazioni Lazio Mobilità Alternativa.

Martedì 5 dicembre si è conclusa la Conferenza dei Servizi sul Business Park – alias stadio – a Tor di Valle. I Rappresentanti Unici di Stato, Regione, Area Metropolitana e Roma Capitale hanno dichiarato l’assenso al progetto

con una serie di prescrizioni e condizioni che tutti sanno non potranno essere rispettate.
Non sarà in alcun modo possibile rispettare la prescrizione contenuta nella Delibera Comunale di riconoscimento del pubblico interesse del criterio del 50% e 50% di spettatori che si recheranno allo stadio usando i mezzi pubblici e i mezzi privati: la ferrovia Roma-Lido, già al collasso, capace a oggi di trasportare al massimo 7000 passeggeri l’ora, dovrebbe essere messa in condizione di trasportarne 20000! Però non c’è un progetto, non c’è un piano, non ci sono le risorse, ci sono solo un po’ di milioni che il proponente dovrebbe versare a Roma Capitale per l’acquisto di due o tre treni quando è noto che al momento i treni funzionanti sulla tratta sono 6, e per rispettare la prescrizione dovrebbero essere 20! E’ stato il rappresentante del Comitato Pendolari Roma-Ostia a spiegare in Conferenza dei Servizi come stanno le cose: attualmente la Roma-Lido ha un certo numero di vecchi treni Ma200, la maggior parte dei quali sono fermi da anni in attesa di rottamazione e i rimanenti che entrano ed escono dalle officine, più 6 CAF funzionanti a rotazione, che sono definiti “nuovi” ma che hanno già oltre un milione di chilometri di viaggi alle spalle!
Ma i Rappresentanti Unici di Stato, Regione, Area Metropolitana e Roma Capitale non hanno nemmeno capito – o hanno fatto finta di non capire – qual è la gravità della situazione e la portata del problema.
Basterebbe questo a far dire a Istituzioni oneste che il progetto non funziona, ma non basta, anche tutto il resto è stato fatto con un’incredibile approssimazione e pressapochismo: sono volate proposte estemporanee e fantasiose di cui registriamo a futura memoria almeno due chicche.
La prima: siccome è evidente e riconosciuto che a ogni ingresso e uscita dalle partite di calcio si creerà il caos, da parte della Città Metropolitana è stata avanzata la prescrizione di trasformare la pista ciclabile che corre sull’argine del Tevere in strada carrabile per permettere alle ambulanze di uscire dal “tappo” in caso di emergenza. Prescrizione ovviamente non corredata da progetto, misurazioni, verifiche, nemmeno un sopralluogo per vedere se lì le macchine possono passare veramente, ma che almeno ammette implicitamente una verità: da quel cul de sac non si uscirà facilmente.
La seconda: per gli stessi motivi di caos del traffico, è stata avanzata la prescrizione di portare le future via Ostiense e via del Mare unificate a un totale di quattro più quattro corsie dall’uscita
dello stadio fino all’innesto nel GRA. Idea magari buona, ma anche questa non corredata da progetto, misurazioni e verifiche, nemmeno un sopralluogo che avrebbe fatto capire a chi l’ha avuta che semplicemente… non c’è lo spazio fisico per le corsie in più.
Insomma, la più grande speculazione edilizia del XXI secolo non solo è da sempre priva dei presupposti di necessità (un nuovo centro direzionale in una città piena di edifici a destinazione direzionale vuoti e inutilizzati; un nuovo centro commerciale a pochi passi da altri due centri commerciali e a pochi chilometri da un altro centro commerciale, sulla via Laurentina, che non riescono a finire di costruire per mancanza di clienti), ma è portata avanti con una leggerezza e un pressapochismo degno delle classiche quattro chiacchiere al bar.
Inaccettabile la bufala dei finanziamenti delle opere necessarie ai privati a carico di loro stessi. NO! È una partita di giro: i soldi che devono al Comune sono a loro restituiti per la Roma-Lido. Il ponte, se ci sarà, è a carico dell’Erario, cioè a carico nostro. Come continua a essere spropositata la concessione di maggiori cubature a compensazione, per far raggiungere al Proponente l’equilibrio
economico-finanziario: un’opera privata pagata dal pubblico con la moneta urbanistica.
Tutte le altre domande e questioni aperte nelle precedenti sedute della CdS sono rimaste senza risposta: non si è saputo quanto costerà e chi pagherà per l’esproprio delle aree non di proprietà del
proponente, un’area di circa 350.000 metri quadrati di proprietà delle società Filemone e Immobilquindici che fin dal 2014 avevano diffidato Roma Capitale dall’approvare questo progetto.
Non si è saputo quanto costeranno la costruzione e il funzionamento delle idrovore che dovranno essere realizzate a carico di Roma Capitale: soldi pubblici spesi per garantire la funzionalità di
un’opera privata.
Nulla si sa sulle conseguenze che la costruzione di parcheggi interrati per migliaia di metri quadrati e l’uso di centinaia di pali di fondazione lunghi 60 metri avranno sulle falde acquifere superficiali e profonde dell’area golenale, né sui pericoli di allagamento, né sulla subsidenza.
Nulla è stato possibile sapere su chi vigilerà che le decine di prescrizioni e condizioni siano rispettate dal costruttore, che cosa succederà in caso di mancato rispetto, chi avrà l’autorità di
verificare, controllare, sanzionare…
E’ dall’inizio che questo progetto fa acqua, partito dall’idea assurda di costruire una Nuova Centralità Urbana fuori dal Piano Regolatore in un’ansa del fiume Tevere, solo per il fatto che un potente costruttore romano si era accaparrato una parte di quei terreni al prezzo del suolo agricolo.
Ma le cose sono andate così: ben due Giunte e due Sindaci di Roma Capitale asservite e asserviti agli interessi privati di un palazzinaro romano e di un finanziere americano. E il modo assurdo in
cui questa Conferenza dei Servizi si è svolta ed è giunta a conclusione ne è la degna epigrafe.

Roma, 11 dicembre 2017